Il Telefono Giocattolo

Autore: Faith_Bella / Galena Caehn de Lorhon

Titolo: Il telefono giocattolo

Numero parole: 8000 (spazi compresi)

Genere: Sovrannaturale, un po’ di paura, sicuramente non per chi odia leggere storie di fantasmi.

Avvertimenti: Storia di un capitolo, per tutti i generi di lettori. Non contiene scene per un pubblico maggiorenne, ma contiene una tematica horror. (Rating giallo)

Trama: Mia domani compirà dieci anni, è schiva, non ha amici e sta tutto il tempo chiusa in camera a giocare da sola. La madre è preoccupata è quando scende a are colazione pallida e stanca le concede di restare a casa, certo è che la scusa che la figlia adduce per il suo malessere è strana… molto strana!

Note: 1. La storia è nata grazie alla partecipazione alla sfida di scrittura creativa, indetta dal Raynor’s Hall con il Bando VI. Il tema è “telefono senza fili”. Termine di consegna delle storie 09/02/2016.

3. I nomi, i fatti e i luoghi presenti sono inventati da me, quindi sono coperti da Copyrights. Non è quindi possibile condividerne stralci senza il mio permesso.

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IL TELEFONO GIOCATTOLO

Nella piccola stanza c’era spazio solo per un letto e un baule, accanto un tappeto a quadri colorati dava il tono allegro alla camera spartana; ma Mia amava passare i pomeriggi lì a giocare con la sua bambola preferita.

Nessuno si era mai preoccupato di vegliarla, preferendo ignorare il fatto che non avesse amiche. La madre l’aveva portata al parco, in un centro di ricreazione e l’aveva iscritta a un campo estivo; ogni volta Mia piangeva disperata, finché la donna non la riportava a casa e la lasciava sola con Ivette.

Quel giorno Mia scese a fare colazione con un’espressione esausta, la madre l’osservò e provò a domandarle il motivo. La risposta fu:

«Ivette mi ha parlato di sciocchezze tutta la notte.»

Nell’udirlo, la donna rovesciò l’aranciata che stava sorseggiando sul ripiano della cucina.

«Come sarebbe che…?»

Mia fece spallucce e mangiò un po’ di cereali prima di proseguire.

«Ha iniziato a infastidirmi quando stavo andando a letto e non ha più smesso fino all’alba.»

Poi come se fosse più che ovvio, sollevò la tazza e la fissò in modo quasi raccapricciante.

«Posso a casa oggi?»

Questa volta fu la donna a fingere di mangiare. In realtà valutò se consentire alla figlia di saltare la scuola. Notò che aveva un leggero colorito violaceo sotto gli occhi ed era anche pallida. Prima di risponderle, quindi si alzò e le appoggiò una mano sulla fronte; come immaginava, la pelle era fresca.

«Allora, mamma, posso?»

La bambina la guardò in attesa e lei annuì.

«Sì, torna a dormire. Non ci saranno problemi se salti le lezioni.»

Le accarezzò i capelli, poi la lasciò finire il suo latte. La donna doveva occuparsi di qualche faccenda urgente e telefonare al giardiniere, quindi non aveva molto tempo per la piccola, almeno per due ore.

Mia tornò nella sua stanza, sentendo gli occhi chiudersi da soli. Era esausta, nemmeno avesse corso su e giù per le scale tutta la notte. Per fortuna aveva detto alla mamma quella bugia, se le avesse raccontato la verità, probabilmente non le avrebbe creduto. Forse la donna non era cascata nemmeno in quella storiella, ma le aveva lasciato il permesso di restare a casa e a lei bastava.

Il giorno seguente era il suo compleanno e Miriam le aveva giurato che si sarebbero riunite; ormai erano anni che giocavano insieme.

La gemella le aveva spiegato che non poteva seguirla quando andava troppo lontano da casa; al massimo poteva uscire con lei in giardino, dove c’era l’altalena e la piccola casetta sull’albero, ma non poteva andare oltre lo steccato.

Mia e Miriam ci avevano provato, ma il risultato era stato sempre lo stesso, se la bambina andava oltre lo steccato, la sorella svaniva e lei sentiva un vuoto spaventoso nel petto.

Ecco perché non aveva mai detto niente alla mamma e, quando erano insieme, facevano molta attenzione a non farsi scoprire.

Le due sorelle si erano coricate vicino, con la coperta sulle gambe e avevano progettato il giorno del loro compleanno. Miriam le aveva regalato un favoloso telefono di plastica, confidandole che con quello potevano sentirsi sempre. Mia era stata così felice di quel regalo che appena Miriam era svanita, aveva alzato la cornetta e avevano parlato fino all’ora di alzarsi.

«Miriam, sei lì?»

Di nuovo parlò alla cornetta, la voce tremolante per la paura che la gemella non le rispondesse.

«Sì, sorella!»

Un sospiro di sollievo, fece illuminare il volto di Mia.

«Ho convinto la mamma a farmi restare a casa. Non vado a scuola così possiamo stare insieme.»

«Sei stata bravissima, così potremmo giocare tutto il giorno.»

«Però le ho detto di avere sonno, quindi prima dovrei dormire…»

«Ma così perderemmo un sacco di tempo…»

La voce lamentosa di Miriam la fece intristire.

«Perché non vieni a dormire con me?»

«No, c’è troppa luce.»

Miriam si stava innervosendo, Mia lo sentì dal tremolio della sua voce.

«Ma io voglio passare tutto il giorno con te!»

«Conosci le regole!» Un alito gelido attraversò la stanza, facendo rabbrividire la bambina. «Intanto chiudi gli occhi, quando arrivo ti sveglio io! Come quella volta che siamo uscite a giocare nella casetta. Ti ricordi?»

«Quella sera che c’era la luna piena? Dici che ci lasceranno il permesso per rifarlo?»

«Sì, certo. Magari se dormi abbastanza, stanotte non avrai così sonno e potremmo…» La voce si interruppe e Mia guardò la porta allarmata, nascondendo il telefono finto sotto il cuscino. «Sta arrivando qualcuno.»

Le bisbigliò la gemella, questa volta all’orecchio, e la bambina sorrise complice e si tirò su le coperte fino a sopra la testa.

«Deve essere la mamma!»

La donna finì molto presto le sue faccende e salì a controllare la figlia. Per tutta la mattina aveva ripensato alla bugia che le aveva raccontato per non uscire. La piccola accampava simili scuse ogni volta e adesso stava evidentemente peggiorando, doveva assolutamente porvi rimedio.

Quando entrò nella stanza della figlia, la trovò sotto le coperte, rannicchiata in posizione fetale; ma osservandola capì subito che non era addormentata.

«Mia, piccola!»

La bambina girò la testa e le sorrise, era ancora più pallida e le occhiaie erano violacee ora.

«Ti senti male, piccola?»

Le si avvicinò preoccupata.

«No, mamma.»

La voce era roca, febbricitante e quando provò a toccarla, la bambina si allontanò, come spaventata.

«Cosa c’è che non va? Dimmi la verità, amore…»

La bambina restò immobile, guardandola con profondissimi occhi neri.

«Mamma, perché Miriam non è più qui con me? Perché non possiamo mai stare insieme?»

La donna si sedette pesantemente sul letto, sconvolta per quella domanda e poi cercò di prendere le mani della sua bambina.

«Tesoro, chi ti ha parlato di Miriam? Cosa ti ha detto?»

«Nessuno mi ha detto niente!»

«Come sarebbe a dire?»

«È stata Miriam a raccontarmelo. Io e lei giochiamo sempre insieme.»

La donna impallidì visibilmente, poi afferrò la figlia e la strinse al petto.

«Amore, ti prego, non dirmi queste cose. Mi spaventi… dimmi la verità!»

«Mamma, ti sto dicendo la verità! Noi giochiamo sempre insieme. Lei viene da me e giochiamo con Ivette.» Poi si divincolò dalla stretta ed estrasse un telefono finto, vecchio e logoro. La donna lo guardò con orrore, incapace di fare o dire nulla. «Questo me lo ha regalato ieri sera. Dice che da domani saremo per sempre insieme!»

La donna raggelò e trattenne un urlo di spavento, poi, vedendo gli occhi dilatati della figlia, la prese di peso e la trasportò di sotto, la infilò in macchina e la portò in tutta fretta all’ospedale. Appena varcò il cancello della proprietà la bambina iniziò a urlare, a agitarsi, a graffiarla e tirare calci per tornare indietro.

L’ennesima crisi di pianto la fece impazzire, ma la donna fu forte, la legò al sedile e la portò fino a destinazione. Arrivati all’edificio la figlia era catatonica, non reagiva più, guadava il vuoto piangendo.

«Mi dispiace, ma dobbiamo vedere un dottore. Vedrai non che non è nulla.»

Mia smise di piangere, le puntò addosso gli occhi enormi e la guardò con odio.

«Tu hai ucciso Miriam e adesso vuoi uccidere anche me! Ti odio! Non riuscirai a impedirci di tornare insieme!»

Poi distolse lo sguardo e ritorno allo stato catatonico. Il telefono di plastica era ancora nelle mani della figlia. La donna lo prese con la forza e alzò la cornetta, in un insensato moto di disperazione.

«Miriam?» Il silenzio era assordante. «Miriam, ti prego, non puoi portarmela via. Non è colpa mia se sei morta. Ero troppo giovane e tu eri una neonata così agitata. Ho provato solo a calmarti…»

«Tu mi hai separato da lei!»

La donna strinse la cornetta e trattenne le lacrime.

«Amore, ti prego, non ho mai smesso di…»

«Sei un’assassina! Non ti meriti di essere una madre!»

Poi tacque e Mia accanto a lei iniziò a urlare disperata, nemmeno le stessero strappando il cuore dal petto. La donna l’abbracciò forte e la portò dentro la clinica, ma fu inutile. All’alba Mia morì per un inspiegabile collasso celebrale.

La donna tornando a casa la sera, alzò lo sguardo verso la casetta sull’albero, la luna illuminava l’interno e lei distinse chiaramente le due bambine che giocavano e ridevano divertite.

Ora erano insieme.

 

Pubblicato da lisoladiskyeblog

Blog Letterario che promuove e pubblicizza autori italiani di ogni genere nato nel 2015

21 Risposte a “Il Telefono Giocattolo”

  1. Adoro le storie di fantasmi 😉 Il racconto mi è piaciuto molto, soprattutto per il colpo di scena finale (chi si sarebbe mai immaginato che la madre di Mia e di Miriam fosse un’assassina e che, soprattutto, il fantasma della gemella avrebbe portato via Mia con sé?). Ottimo l’uso del telefono come tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti 😉 Forse in alcune parti, soprattutto nel finale, il racconto è un po’ affrettato, ma capisco che bisogna restare nei limiti di spazio. Personalmente avrei aggiunto un dettaglio ancora più macabro: che il telefono di Mia fosse il giocattolo con cui Miriam era stata sepolta. Malato, eh? XD

  2. ero convinta che arrivavo alla fine con una critica da farti: cioè che il dolore della madre non fosse abbastanza visibile (per la perdita dell’altra figlia). Ma poi alla fine l’amara sorpresa!
    Hai realizzato un ottimo racconto per i pochi caratteri disponibili… Io nelle letture ho questo libro http://www.amazon.it/gp/product/B010VP9ABI?keywords=la%20gemella%20silenziosa&qid=1454340331&ref_=sr_1_1&s=digital-text&sr=1-1

    Non è che per caso lo hai già letto e la trama del tuo raccontino è ispirata da quel libro? brrrr speriamo di no :))

    1. Scherzi vero? io che leggo un thriller/horror? no! mai e poi mai. Poi non dormo la notte! Lo so non è granchè come storiella ma se il finale rimescola le carte e non fa schifo vuol dire che va già bene!

  3. un gran bel racconto, dai risvolti garbatamente noir (che mi ha fatto tornare in mente le atmosfere del film “the others”, non so se hai presente). elementi che mi sono piaciuti in modo particolare: i dialoghi, che sono vivaci, credibili e contribuiscono in modo efficace a dare spessore psicologico ai personaggi ; il dipanarsi avvolgente della trama che imbriglia il lettore costringendolo a somatizzare l’orrore mentale/psicologico della madre (sapientemente collocato al confine tra detto e non detto); e il guizzo finale in cui la madre strappa il telefono a Mia e parla direttamente con Miriam. non mi hanno convinto, invece: la frase finale, “ora erano insieme”, che toglierei per come mi ha suonato non solo pleonastica nel ribadire ciò che è già evidente, ma anche un po’ invadente/retorica; la morte per “collasso celebrale”, invero strampalata (ho la sfortuna di essere medico) e che cade nel momento di massima tensione rovinandolo… non so, vedi tu… in caso, comunque sarebbe “cerebrale” e non “celebrale”, mmmm, ma non è più potente/inquietante restare sul vago senza avventurarsi in spiegazioni psuedo-mediche? (es: “All’alba Mia morì, a detta dei medici, per cause inspiegabili.”); e il parziale “fuori tema” (trattandosi di telefono giocattolo più che senza fili) che poteva forse essere smussato se nel momento in cui Miriam regala il telefono a Mia, Mia avesse magari notato che si trattava solo di una cornetta senza fili (“ma sei sicura che funziona? è solo una cornetta senza fili)… peraltro il parziale fuori tema poteva essere evitato del tutto facendo regalare a Mia direttamente un classico telefono senza fili coi tipici barattolini: la storia funzionerebbe benissimo lo stesso, no?
    : )
    (ps: ti segnalo un refuso: ritorno vs ritornò)

    1. grazie mille per il commento, Malos la tua analisi è davvero approfonditissima. Oh sì, conosco the others, forse un po’ lo ricorda, hai ragione, ma sono troppo fifona per guardarlo e dirti in che quantità XD.
      ti ringrazio per le correzioni che mi hai evidenziato, sopratutto per quella “medica” credo che userò il tuo consiglio, non voglio mettere una morte ben definita, le cause inspiegabili sono l’ideale. Sì, hai ragione telefono giocattolo non è proprio la stessa cosa di “senza fili” ma che Miriam regali due barattolini proprio non mi piaceva e quindi avevo pensato che senza fili potesse essere riferito a “non collegato a una rete telefonica”. Non so se intuisci il mio punto di vista.

  4. Ciao ^^
    Ho letto che non ti piacciono gli horror, quindi non lo giudico tramite il senso di “paura”, visto che, immagino, non fosse il tuo intento.
    La storia è molto carina e in parte mi ha ricordato il genere creepy pasta, sa molto di leggenda metropolitana.
    Personalmente avrei tenuto più in sospeso la questione del fantasma, svelando magari solo alla fine la verità.
    L’idea del telefono giocattolo in linea con i defunti mi è piaciuta, sarebbe stato carino dare una spiegazione del perché (chessò… regalato da qualcuno, trovato anche solo per caso senza che nessuno si ricordi da dove è saltato fuori…)

      1. Oddio, non volevo essere “clemente”, nel senso, non volevo criticarti negativamente XD La prima volta che ci si butta in uno stile che non ci appartiene non è facile, mica posso fartene una colpa (quante ne ho combinate io nei miei esercizi…) XD Come ho scritto, l’ho letta molto come storia metropolitana, di quelle che si raccontano di bocca in bocca, e da quel punto di vista non è male per nulla. L’unico dubbio che mi è rimasto è: chi è Ivette? XD

  5. Nonostante non sia un’amante delle storie sul sovrannaturale perché mi fanno un po’ paura, ho gradito questa storia. E’ molto scorrevole anche se mi sono confuso tra chi fosse chi durante la prima apparizione di Miriam perché confondevo tra le due. Continuando a leggere diventa tutto più chiaro.

    1. Grazie AGamer per il commento, ho il tuo stesso problema. Incredibilmente non mi riesce di scrivere storie horror; quindi se nel leggerla nessuno mi insulta ho già fatto grandi passi.

  6. Finalmente riesco a passare per leggere le storie del contest ^^
    La storia mi è piaciuta, con il giusto grado d’ansia anche se avrei tenuto fino alla fine la storia del fantasma (questo per far macerare ancora di più nel dubbio il lettore).
    Mi è piaciuta anche l’ambiguità che hai voluto lasciare con l’assassinio della madre che ha reso nella storia un pezzo mancante per l’immaginazione del lettore.
    L’unica “critica” che sono costretta a muovere è che il Telefono in questione teoricamente ha dei fili quindi non rispetta proprio il tema ma va bene così ^^

    1. Lo so, ma anche il gioco dei due bicchieri ha un filo che li unisce, se ci pensi… no?!
      Io ho solo provato a ragionare un attimo fuori dallo schema e mi sono detta”senza fili” può essere inteso come: non collegato alla rete telefonica, di qui il telefono giocattolo. Lo so è tiratissima come cosa. Per il resto sono contentissima che ti sia piaciuta, non ero convinta di questa storia fino alla fine che mi sono detta, la posto e stop!

          1. Alla fine devi sapere che anche io ho dato un’interpretazione del genere (anche se su altro contesto) quindi alla fine siamo sulla stessa barca ahah mi sono accorta adesso che non hai letto la mia quindi non potevi comprendere appieno il mio commento xD

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