Il Croco

Il CROCO o FALSO ZAFFERANO

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IlCrocus vernus %282%29.jpg CROCO è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Iridaceae. Sono piante erbacee perenni dal fiore a forma di coppa molto diffuso nel bacino del Mediterraneo, soprattutto in Africa Settentrionale e Asia Minore.

DERIVAZIONE: Il nome Croco deriva dal termine greco kroke il cui significato letterale è “filamento” e sta a indicare una delle principali peculiarità di questo delicato fiore, cioè, i lunghi stimmi presenti all’interno della corolla. Il Croco è un fiore conosciuto fin dai tempi antichi, perfino Omero lo nomina quando descrive il talamo nuziale di Giove e Giunone, ed è forse questo il motivo che lega il Croco alla passione e alla sensualità. La prima documentazione dell’uso di questo nome lo abbiamo da Teofrasto di Efeso, filosofo e botanico greco antico nonché discepolo di Aristotele. Altri testi traducono questo vocabolo (krokos) direttamente con “zafferano”, ma in realtà quest’ultima voce dovrebbe derivare dall’arabo Zaafran. Il nome scientifico di questo genere è stato definito nel 1753 dal biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, Carl von Linné.

SIGNIFICATOCrodo, anche noto come “Falso Zafferano/Zafferano Maggiore” è usato per esprimere un’emozione che si può descrivere con “i miei giorni migliori sono finiti, ricordando l’allegra giovinezza.

 I romani usavano porre questi fiori sulle tombe dei propri cari nella speranza di una vita ultraterrena. Questa consuetudine potrebbe derivare proprio dal fatto che i lunghi stimmi del Croco rappresentano una sorta di filo continuo tra la vita e la morte.

Esistono circa 80 specie di Croco e, alcune di queste, possono risultare mortali se ingerite o causare forti mal di testa se annusate.
Da questo fiore si ricava lo Zafferano che è anch’esso simbolo di amore appassionato, ma attenzione perché una dose di 20 grammi al giorno di zafferano può anche risultare mortale.

MORFOLOGIALe altezze di queste piante sono variabili da pochi centimetri fino a 30 cm. La forma biologica prevalente in questo genere è geofita bulbosa, ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati bulbi. Le radici possono derivare sia dal bulbo che da un rizoma e sono del tipo fascicolato. Se la pianta ha un bulbo si generano alla base dello stesso. Il fusto si divide in due parti, quella ipogea, sotterranea, e quella aerea. Le uniche foglie presenti sono quelle basali originate direttamente dal bulbo sotterraneo; sono lunghe quanto il fiore e non sono molto numerose. Hanno una forma lineare-laminata, ma sottile con una linea longitudinale e centrale più chiara. La pagina superiore è colorata di verde scuro, quella inferiore è biancastra; il bordo è lievemente revoluto, mentre le parti terminali sono arcuate e rivolte verso il basso. Sono presenti anche delle foglie inferiori, ma generalmente sono ridotte a delle guaine biancastre. In genere le foglie si presentano insieme ai fiori ma in alcune specie possono apparire dopo l’antesi. L’infiorescenza è formata da un unico fiore (raramente anche 2 o più); non sono odorosi e sono avvolti in due-tre spate membranose. La forma è quella di un tubo eretto e molto lungo che nella parte terminale si apre con 6 segmenti. Il fiore è quello tipico delle monocotiledoni: un perigonio con tre doppi tepali di tipo corollino e di colore bianco, viola o lilla. Sono inoltre ermafroditi, attinomorfi e tetraciclici. Il frutto è una capsula loculicida oblunga formata da tre valve. I semi contenuti nel frutto sono molto numerosi e di forma globulare. Data la posizione dell’ovario la capsula generalmente matura appena sopra il livello del terreno.

DISTRIBUZIONE E HABITAT: Il genere è originario dell’Europa (principalmente Spagna, Balcani e Mediterraneo orientale), dell’Africa nord-occidentale e dell’Asia minore e centrale fino alla Cina occidentale. Da questo esteso areale possiamo citare due specie: quella dell’estremo orientale, il Crocus alatavicus dei Monti Altai dell’Asia centrale e quella posta più a nord, il Crocus albiflorus delle altitudini montane delle Alpi.
Delle specie spontanee della nostra flora solo 6 vivono sull’arco alpino.

USI: L’utilizzo di questi fiori è sia come piante ornamentali che piante officinali. La specie più importante e l’unica che abbia una certa rilevanza economica è il Crocus sativus. Oggi viene coltivato principalmente nella zona mediterranea, ma a oriente si arriva fino al Kashmir. Coltivazione molto antica se il poeta latino Sesto Aurelio Properzio nel suo “3°Libro” parla di un certo unguento “crocino” senz’altro riconducibile allo Zafferano. 

In farmacia gli stimmi sono usati nella medicina popolare per le loro proprietà quali quella tonica (rafforza l’organismo in generale), emmenagoga (regola il flusso mestruale), stimolante (rinvigorisce e attiva il sistema nervoso e vascolare) ed eupeptica (favorisce la digestione). Quest’ultimo uso è forse l’unico ancora praticato.

In cucina  lo zafferano viene usato solamente come spezia o colorante; infatti se usato oltre una certa misura è tossico (una dose di 20 g al giorno di zafferano può anche risultare mortale).

Nel giardinaggio la fioritura dei Crochi è molto particolare. Esiste una documentazione nell’isola di Creta (un affresco a Cnosso) che indica chiaramente che veniva praticata sia la raccolta che la coltivazione del “Croco”.

Le prime notizie moderne di una coltivazione di queste piante risalgono a oltre 400 anni fa: infatti nel “The Herball or Generall Historie of Plantes” del botanico inglese John Gerard, pubblicato nel 1597, descrive varie specie di questo genere come il Crocus vernus, il Crocus versicolor, il Crocus sativus e altri. Trent’anni dopo un altro botanico inglese, John Parkinson, nella sua opera “Paradisi in sole“, elenca già 27 specie di Crocus; ed è dello stesso anno l’importazione del Crocus aureus il progenitore della razza “Crochi olandesi gialli”. Quindi è nel Seicento che gli olandesi svilupparono le loro tecniche di riproduzione dei fiori da bulbo compresi i crocus. È divenuta celebre la fioritura di crochi nei giardini del Castello di Rosenborg a Copenaghen, che disposti in geometrie formano un caratteristico tappeto colorato.

NOTIZIA CULTURALI: La conoscenza di questi fiori va molto indietro nel tempo. Ciò è dimostrato dal fatto che persino la Bibbia nel Libro dei Cantici (4:14) vengono citati come piante aromatiche e odorose. Nell’antica Grecia si usavano per farne corone oppure si spargevano nei teatri o nei letti nuziali. Varie sono le leggende attorno al fiore del “Croco”. In una di queste Croco era un giovane innamorato della pastorella Smilliace che venne trasformato in detto fiore ad opera di Venere o in un’altra versione venne trasformato in fiore dal dio Ermes geloso della pastorella. In un’altra si racconta che Croco morì giocando con Mercurio e che dal suo sangue nacque il fiore. In un’altra ancora si racconta che il fiore del croco germogliasse nel momento in cui Paride dava il suo giudizio sulla più bella fra le dee.
Probabilmente in tutti questi racconti si fa riferimento alla specie più conosciuta di questo genere: il Crocus sativus chiamato “Zafferano vero” o più semplicemente “Croco”. Descritto più o meno diffusamente da studiosi come Dioscoride Pedanio, botanico e farmacista greco antico, oppure da Pietro Andrea Mattioli umanista e medico italiano. Si deve comunque al botanico francese Joseph Pitton de Tournefort la prima stesura “scientifica” di questo genere ripresa poi definitivamente da Carl von Linné.

Pubblicato da lisoladiskyeblog

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Una risposta a “Il Croco”

  1. […] Galena, sconvolta, si inginocchiò accanto a Jeremya, i suoi occhi vitrei che la fissavano ciechi, le fecero venire i brividi. Nel panico decise di chiamare Sebastian, lui avrebbe saputo cosa fare, poi pensò anche a Hopaline. Estrasse il cellulare, quando una mano gelida si chiuse intorno al suo polso. I suoi occhi si mossero spaesati e la bocca si spalancò nell’urlo muto e disperato, di colui che muore soffocando. Galena mise la mano libera su quella chiusa come una morsa sul suo polso e l’anziano sindaco le fece capire di guardare nel bavero della giacca. La giovane estrasse con timore una lettera; era vergata su una carta molto ricca, vecchia e dalla consistenza ruvida. La bandrui l’aprì ma poi l’adagiò a terra preferendo soccorrere prima l’anziano. Per quello però era troppo tardi; appena posò lo sguardo sul viso contratto, Jeremya esalò il suo ultimo respiro e la mano cadde morta sul pavimento. Un singhiozzo chiuse le gola a Galena che si portò le mani davanti alla bocca, davanti a quello spettacolo straziante. Si alzò lentamente, barcollando, appoggiando le mani sul pavimento; non riusciva a guardarlo. A quel punto chiamò Sebastian, poi mandò un messaggio anche a Hopaline. Solo dopo che non trovò più scuse, ed ebbe chiuso a chiave tutte le porte del negozio, si girò per affrontare il fatto che Jeremya era morto e rivide la lettera appoggiata in terra. La raccolse: “ Se stai leggendo, amico mio, è perchè i miei giorni migliori sono finiti. Chiunque tu sia, se ne sei in possesso, in un modo a me sconosciuto, mi sei stato vicino e mi hai dato la speranza che in questo momento mi viene a mancare. Grazie. Ti starai chiedendo perché? E io te lo dirò: non sono riuscito a fermare Juliet. Lei è fragile, non capisce. C’è stato un tempo in cui era la moglie devota che ogni uomo sogna. E’ stata tutta colpa mia, già dal principio sapevo che gli inverni freddi e rigidi e il passare degli anni senza nient’altro che il nostro amore, l’avrebbero resa debole. La lusinga di una vita eterna è stato fatale per la sua infelicità. Per favore, se stai leggendo e non puoi andartene lontano da tutto questo, non odiarla, lei è innocente. E’ colpa mia. Io l’amavo ma avrei dovuto lasciarla nel villaggio in cui l’ho trovata. Quello era il suo posto; ma la carne è debole e lei è sempre stata un angelo di inegualiabile bellezza. Qui di seguito, c’è una formula che mi diede Merlino. Ti prego di usarla solo in caso di pericolo per tutti voi. Con Juliet ho fallito, ma gli abitanti di quest’isola sono innocenti, proteggili, aiutali tutti. Anche la peggiore creatura di questo mondo ha un cuore a cui puoi fare appiglio. Skye è il paradiso per tutti loro. E’ la nostra casa, lo è anche per te, adesso che conosci il suo segreto. Tutti noi abbiamo bisogno di credere che esista un luogo in cui possiamo sentirci liberi di essere noi stessi, senza pregiudizi. La mia battaglia contro il male è fallita, ma tu puoi vincere. Sei giovane e forte, non lasciare che la magia nera regni; non pensare a me come a una persona morta, anche da lassù veglierò su tutti voi.” Galena la lesse due volte, prima di chiuderla e asciugarsi le lacrime che le pungevano gli occhi. Aveva sempre avuto fiducia in Jeremya e, adesso che leggeva quella lettera, comprendeva molte cose su di lui. Si sentì onorata di averlo conosciuto. Aprì il Grimorio, strappò il Crodo e glielo adagiò sul petto tra le mani. CAPITOLO SUCCESSIVO >> SCOPRI IL FIORE […]

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